Per gli industriali del Lazio è ormai arrivato il momento di ripensare allo Stato imprenditore. Non chiedono infatti sussidi o prestiti, ma un piano di lavori straordinari in grado di far ripartire l’economia. In particolare chiedono la riapertura di una serie di cantieri che sono ormai fermi da anni a causa di ritardi, ricorsi e diatribe.
Quali le grandi opere da portare avanti
La lista fatta al proposito prevede l’autostrada Roma-Latina, il raddoppio della Salaria, la chiusura dell’anello ferroviario a Roma nord e del collegamento stradale Orte-Civitavecchia. Ma, soprattutto, rimette in campo una ipotesi di Stato imprenditore che nel corso degli ultimi decenni aveva lasciato il posto alla propaganda contro lo statalismo. Una propaganda distrutta in poche settimane di coronavirus.
Un piano da 18 miliardi
Le opere ricordate e altre in programma, come l’autostrada Roma-Latina, che collegherebbe la Pontina fino a Genova passando per l’aeroporto di Fiumicino e l’Alta velocità fino a Frosinone con la stazione di Ferentino, potrebbero far leva su ben 18 miliardi messi da Ferrovie dello stato con Regione e governo. Un piano che, appunto, prenderebbe in prestito le modalità che distinsero quello che Francis Delano Roosevelt portò avanti per fronteggiare la Grande Depressione seguita al crollo della Borsa di Wall Steeet.
Gli industriali chiedono indennizzi, non prestiti
Il malumore degli industriali laziali è comunque abbastanza palpabile. In particolare affermano la totale inutilità dei prestiti, evocando invece gli indennizzi. Quando cala la domanda, secondo loro, non si può affrontare il problema con prestiti che poi devono essere restituiti. Resta da capire se le proposte avanzate saranno accolte, alla luce del fatto che nel corso degli ultimi decenni si è preferito coltivare un mito, quello del privato in grado di ovviare a tutto, crollato poi come un castello di carte sotto i colpi di maglio del Covid-19.