A salvare il medico fu un agente di polizia fuori servizio, che in quel momento si trovava proprio nei pressi dello studio del professionista, in via Po.
L’aggressore, paziente della vittima, lo ridusse in fin di vita perché reo – a suo dire – di avergli dato la terapia sbagliata.
L’aggressore del dottor Le Foche può sostenere il processo
“Diminuita capacità di intendere e di volere al momento del fatto, ma ciò non toglie che possa affrontare il processo che lo attende”. Sono questi i risultati della perizia psichiatrica disposta dal giudice per le indagini preliminari per il 36enne romano che il 6 ottobre dello scorso anno aggredì a mani nude l’immunologo Francesco Le Foche.
L’aggressione avvenne in uno degli studi medici del noto professionista, in via Po a Roma. A salvare il medico fu un agente fuori servizio, che al momento dell’aggressione stava transitando in zona e sentì le grida di aiuto della vittima.
Il dottor Le Foche venne gravemente ferito a un occhio e fu colpito violentemente al volto.
Il movente dell’aggressione
L’aggressione ai danni del noto professionista sarebbe scaturita da una convinzione del 36enne, che aveva dei problemi alla colonna vertebrale ed era convinto che il medico gli avesse prescritto una terapia sbagliata. Non solo, pare che l’uomo avesse chiesto al medico di curare anche il suo cane. Fu lo stesso Le Foche a raccontare dell’aggressione qualche giorno dopo il 6 ottobre. “Era convinto di avere un’altra infezione. Inesistente. E mi ha anche accusato di non aver fatto nulla per il suo cane” aveva spiegato il medico.
Il medico è stato sottoposto a diverse operazioni chirurgiche, anche una all’occhio, per lo scoppio del bulbo oculare. Il 36enne, ex pugile, lo aggredì prima con un fermacarte poi a mani nude.