Secondo la magistratura, la delibera adottata dal Comune di Roma per i buoni spesa, che ne escludeva dal godimento gli immigrati irregolari, sarebbe discriminatoria. Una decisione destinata a provocare non poche polemiche in un momento in cui molti italiani vedono tardare gli aiuti promessi dalle istituzioni per ovviare al lockdown.
Buoni spesa: una delibera discriminatoria
La delibera del Comune di Roma che chiede la residenza anagrafica come requisito per il buono spesa, escludendo in tal modo gli immigrati irregolari, sarebbe discriminatoria. A stabilirlo è stata Silvia Albano, giudice del tribunale civile di Roma, cui si era rivolto un immigrato filippino con tre figli minorenni che vanno regolarmente a scuola. La cui posizione, però, non era regolare escludendolo dal godimento dei buoni spesa stanziati dalla Regione Lazio.
Devono essere rispettati i diritti minimi
L’argomento su cui ha fatto leva la decisione è in pratica da far risalire ai principi già affermati dalla Corte Costituzionale. Secondo i quali esisterebbe un nucleo di diritti minimi che devono sempre essere rispettati, sempre e comunque. Un nucleo in cui rientra anche quello all’alimentazione da cui sarebbe stato escluso il ricorrente, con la delibera del Campidoglio sulla distribuzione dei buoni spesa.
I buoni spesa della discordia
Si tratta naturalmente di una decisione destinata a rinfocolare le polemiche su quei buoni spesa regionali che sin dall’inizio hanno fatto discutere.
Come si ricorderà, infatti, il modo in cui è stato deciso di assegnarli, ai municipi e in base al numero di abitanti, era stato oggetto di contestazione da parte di Roberta Della Casa, presidente del IV Municipio.
Il fronte era poi stato allargato da Virginia Raggi, che aveva denunciato i ritardi da parte della Regione nella loro distribuzione. Ora arriva la decisione della magistratura, che suona come una sorta di legge del contrappasso per la sindaca. In attesa di ulteriori colpi di scena che non dovrebbero mancare.